Quel poco di tap dance che conosciamo in Italia é quella usata dallo show business nei film Hollywoodiani e nei musicals di Broadway, ma questa, anche se molto ben confezionata, é solo la punta dell’iceberg di un’arte insolita, originale, piacevole a vedere ed ascoltare, e divertente a praticarsi, inventata e sviluppatasi negli USA insieme al Jazz dall’inizio del ‘900 per poi diffondersi in Europa e oltre.
La tap dance, street dance per nascita, sulla cui origine ancora oggi si discute, é un fenomeno culturale assolutamente americano, che fonde in una forma nuovissima le influenze culturali più diverse, dalla complessa sincopazione tipica delle percussioni africane alla danza degli zoccoli irlandese.
Andrea Mugnai, attore professionista, già nel ’78 ne è contagiato, e si innamora dell’energia sprigionata da questo genere di danza.
Le tecniche insegnate da Ernesto Tacco (il suo nome d’arte come tap dancer), sono frutto dei contatti diretti avuti negli anni con vari maestri della east e della west coast americana, e con altri ancora di formazione europea: un ricchissimo mondo fatto di personaggi di tutte le taglie, età, sesso e colore della pelle, che é riduttivo chiamare semplicemente ballerini, o musicisti, o improvvisatori, perché sono tutto questo insieme, e magari anche attori, cantanti e acrobati.
Quello che dà loro una caratteristica comune, nonostante tante differenti peculiarità, é la loro identità di hoofers (da hoof, lett. zoccolo), gente che muove i piedi istintivamente non appena sente una musica che contenga anche una vaga traccia di swing; persone che hanno un ottimo senso del ritmo nella loro stessa anima. Una comunità vivace e ricca, che esiste al di là e nonostante lo show business, che inventa, si ruba, reinventa e si tramanda i passi dai tempi di Bill Robinson a quelli di Fred Astaire e Gene Kelly, da Gregory Hines fino all’ultima generazione di Savion Glover, e oltre.